IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA 
                           (Sezione Prima) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 48 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto
da: 
      Inclusione Sociale  Disabili  S.r.l.,  in  persona  del  legale
rappresentante pro  tempore,  rappresentato  e  difeso  dall'avvocato
Antonio Sasso, con domicilio con domicilio eletto in Napoli alla  via
Toledo n. 156; 
      contro Azienda Sanitaria Locale  di  Caserta,  in  persona  del
legale   rappresentante   pro   tempore,   rappresentato   e   difeso
dall'avvocato Antonio Tagliafierro, con domicilio  digitale  come  da
PEC da Registri di Giustizia; 
      Regione Campania, non costituita in giudizio; 
    nei  confronti  di  Centro  Gerovit  S.r.l.,  non  costituita  in
giudizio. 
 
                         Per l'annullamento 
 
    Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: 
      a) della  deliberazione  del  Direttore  Generale  dell'Azienda
Sanitaria Locale di Caserta, n. 1314 del 14 ottobre 2020,  avente  ad
oggetto: «Residenze Sanitarie Assistenziali - RSA e Centri Diurni per
Adulti e  anziani  non  autosufficienti  e  per  soggetti  disabili -
Programmazione territoriale Strutture residenziali dell'ASL Caserta»; 
      b) della  nota  a  firma  del  Direttore  del  Dipartimento  di
Prevenzione dell'Azienda Sanitaria Locale di Caserta, del 4 settembre
2020, prot. n. 211857/DIR, avente ad oggetto «Ricognizione  Strutture
residenziali e  semiresidenziali  territorio  ASL  Caserta»,  con  il
relativo allegato, richiamato nel provvedimento impugnato sub a); 
      c) qualora possa occorrere: del verbale  relativo  alla  seduta
del 16 gennaio 2020 della Commissione Regionale ex D.P.G.R.  Campania
n. 7301/2001, di cui la societa' ricorrente non conosce il  contenuto
integrale; 
      d) qualora possa occorrere: della nota prot.  n.  2020  0065490
del 31 gennaio 2020, della Direzione Generale  per  la  Tutela  della
Salute ed il Coordinamento  del  Sistema  Sanitario  Regionale  della
Giunta Regionale della Campania; 
      e) qualora possa occorrere: della nota  prot.  0065640  del  31
gennaio 2020, della Direzione Generale per la Tutela della Salute  ed
il  Coordinamento  del  Sistema  Sanitario  Regionale  della   Giunta
Regionale della Campania; 
      f) della nota, prot. n. 2019.0270349, della predetta  Direzione
Generale Regionale; 
      g) unitamente agli atti preordinati, conseguenti  e/o  comunque
connessi con quelli che precedono. 
    Per quanto riguarda i motivi aggiunti  presentati  da  Inclusione
Sociale Disabili S.r.l. il 15 marzo 2021: 
      a) del parere non favorevole reso  dalla  Commissione  D.G.R.C.
7301/2001  dell'Azienda  Sanitaria  Locale  Caserta  sulla  richiesta
avanzata  dalla  societa'  ricorrente  finalizzata  al  rilascio   di
autorizzazione per la realizzazione di una nuova  struttura  erogante
prestazioni    di    RSA    (Residenza    Sanitaria    Assistenziale)
Semiresidenziale in regime  Ambulatoriale  Diurno  con  dotazione  di
sessanta posti letto a ciclo diurno/semiresidenziale; 
      b) del verbale, di  contenuto  ignoto,  n.  51,  relativo  alla
seduta del 17 dicembre  2020,  nel  corso  della  quale  la  suddetta
Commissione D.G.R.C. 7301/2001  ha  esaminato  "...la  documentazione
prodotta  dal  legale  rappresentante  della   struttura   denominata
«Inclusione Sociale Disabili S.r.l.» per  l'istruttoria  propedeutica
all'espressione del Parere di  competenza,  finalizzato  al  rilascio
dell'autorizzazione  alla  realizzazione  di  cui  alla  D.G.R.C.  n.
7301/2001 e norme collegate"; 
      c) della nota del 7 gennaio 2021, prot. n. 10836/DIR. GEN., con
cui il Direttore  Generale  dell'A.S.L.  Caserta  ha  trasmesso  alla
societa' ricorrente il predetto parere non favorevole; 
      d) degli atti preordinati, conseguenti  e/o  comunque  connessi
con quelli che precedono. 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    visti tutti gli atti della causa; 
    visto l'atto di costituzione in giudizio  dell'Azienda  Sanitaria
Locale di Caserta; 
    relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2022  il  dott.
Maurizio Santise e uditi per le parti i  difensori  come  specificato
nel verbale. 
    1.   La   societa'    ricorrente,    con    ricorso    notificato
all'amministrazione  resistente  e  regolarmente   depositato   nella
Segreteria del T.A.R., ha esposto quanto segue: 
      a) La Inclusione Sociale Disabili s.r.l.,  in  data  30  aprile
2018, presentava  all'A.S.L.  Caserta  istanza  per  il  rilascio  di
autorizzazione   alla   realizzazione   di   una   nuova    struttura
socio-sanitaria in Aversa  (CE)  al  viale  Europa  n.  103/106,  per
l'erogazione  della  prestazione  di  R.S.A.   (Residenza   Sanitaria
Assistenziale) semiresidenziale in regime  ambulatoriale  diurno  con
dotazione di sessanta posti letto a ciclo diurno/semiresidenziale; 
      b) La Commissione aziendale, istituita ai sensi della  Delibera
della  Giunta  Regionale  della  Campania   n.   7301/2001,   rendeva
inizialmente parere favorevole (prot. n. 182285 del  6  agosto  2018)
sia in ordine ai  predetti  requisiti  sia  per  quanto  riguarda  il
fabbisogno territoriale; 
      c) Con nota del 31 gennaio 2020,  prot.  n.  2020  0065490,  il
Presidente  della  Commissione  Regionale,   con   riferimento   alla
richiesta  di  autorizzazione  avanzata  dalla  societa'  ricorrente,
rappresentava pero' al Direttore Generale dell'A.S.L.,  nonche'  alla
Commissione  ex  D.G.R.C.  n.  7301/2001,  che:  «In  assenza  di  un
articolato parere dell'Azienda sanitaria relativamente al  fabbisogno
e alla localizzazione dell'istanza,  la  Commissione  alla  luce  sia
della legge regionale n. 8/2003 che del DCA 83/2019,  rileva  che  vi
sono criteri per la  localizzazione  relativamente  ad  una  migliore
distribuzione  dei  servizi,  soprattutto  diurni,   sul   territorio
aziendale,  al  fine  di  garantire  la  migliore  accessibilita'   e
disponibilita' per la tutela della salute dei pazienti, di cui  l'ASL
non ha tenuto conto. La Commissione segnala alla  Direzione  Generale
Tutela della Salute  la  necessita'  di  richiedere  all'Azienda  una
adeguata  pianificazione  della  propria  offerta  territoriale   dei
servizi di cui trattasi anche alla luce del citato DCA  83/2019,  che
tenga conto di tali criteri finalizzati alla tutela della salute  dei
cittadini e che costituisca riferimento per la Commissione  aziendale
e quella Regionale per  l'espressione  dei  relativi  pareri.  Quanto
sopra appare tanto  piu'  necessario  al  fine  di  non  esaurire  il
fabbisogno aziendale e governare la propria offerta  territoriale  in
funzione dei bisogni di salute della propria popolazione»; 
      d) Conseguentemente, con deliberazione del 14 ottobre 2020,  n.
1314, il  Direttore  Generale  dell'Asl  Caserta,  nell'ambito  della
programmazione delle strutture residenziali (R.S.A. e  centri  diurni
per adulti e anziani non autosufficienti e disabili) evidenziava - in
relazione al Distretto n. 17 di Aversa - la non  autorizzabilita'  di
ulteriori  posti  rispetto  a  quelli  gia'  autorizzati,  ai   sensi
dell'art. 8, comma 2, legge Regione Campania n. 8/2003. 
    2. Con il ricorso introduttivo la societa' ricorrente  ha  quindi
impugnato il predetto provvedimento, contestandone la legittimita'  e
chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi: 
      I - Violazione e falsa applicazione dell'art. 8, comma 2, legge
Regione  Campania  22  aprile  2003,  n.  8.   Violazione   e   falsa
applicazione del decreto del Commissario ad acta per l'attuazione del
piano di rientro del SSR Campano 31 ottobre 2019, n. 83; 
      II - Violazione e falsa applicazione  degli  articoli  3  e  97
della   Costituzione,   eccesso   di    potere    per    illogicita',
contraddittorieta', manifesta ingiustizia. 
    3. Con ricorso per motivi aggiunti, depositati in data  15  marzo
2021, la societa' ricorrente ha, altresi', impugnato, per  motivi  di
ricorso sostanzialmente sovrapponibili a quelli gia'  articolati  con
il ricorso introduttivo, il conseguente parere  non  favorevole  reso
dalla Commissione D.G.R.C. 7301/2001 dell'Azienda Sanitaria Locale di
Caserta «in quanto il fabbisogno e' esaurito per  il  DS  n.  17  nel
rispetto della Delibera ASL Caserta n. 1314/2020...». 
    L'Asl si e' costituita regolarmente in  giudizio,  contestando  i
ricorsi e chiedendone il rigetto. 
    Alla pubblica  udienza  del  9  marzo  2022  la  causa  e'  stata
trattenuta in decisione. 
    4. Preliminarmente, non puo' dubitarsi della immediata  lesivita'
per la societa' ricorrente sia della delibera del Direttore  Generale
dell'Asl del 14 ottobre 2020, n. 1314, che  del  gravato  parere  non
favorevole espresso dall'Asl e, quindi, dell'ammissibilita'  sia  del
ricorso introduttivo  che  di  quello  per  motivi  aggiunti.  Questa
Sezione, con orientamento consolidato (cfr., T.A.R. per la  Campania,
sez. I, 7 agosto 2017 n. 4039) ha evidenziato che  l'art.  8-ter  del
decreto legislativo n. 502 del 1992 stabilisce che  la  realizzazione
di strutture e l'esercizio di attivita' sanitarie e sociosanitarie e'
subordinata ad autorizzazione,  sia  per  la  verifica  di  requisiti
minimi  strutturali,   tecnologici   ed   organizzativi   che   della
compatibilita' del progetto da parte  della  Regione,  effettuata  in
rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale
delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio
garantire l'accessibilita'  ai  servizi  e  valorizzare  le  aree  di
insediamento di nuove strutture. 
    Nella  Regione  Campania,  la  disciplina  del  procedimento   di
autorizzazione e' poi integrata dalle delibere di Giunta Regionale n.
3958/2001  e  n.  7301/2001  che  cosi'   scandiscono   la   sequenza
procedimentale  preordinata  al  rilascio  dell'autorizzazione   alla
realizzazione e all'ampliamento di strutture sanitarie  (cfr.  T.A.R.
per la Campania, Sez. I, 26 gennaio 2015 n. 453 e 3208 del 12  giugno
2015): 
      -  dopo  la  presentazione   dell'istanza   all'amministrazione
comunale, al fine di acquisire  la  verifica  di  compatibilita'  del
progetto rispetto  al  fabbisogno  complessivo,  alla  localizzazione
territoriale e ai requisiti minimi strutturali ed  impiantistici,  il
Comune invia copia della documentazione all'A.S.L. nel cui territorio
sara' ubicata la struttura alla quale si riferisce la domanda; 
      -  l'A.S.L.,  per  il  tramite  di  una  apposita   commissione
(nominata dal Direttore Generale e presieduta  dal  Responsabile  del
Dipartimento di Prevenzione  dell'A.S.L.  con  la  partecipazione  di
soggetti   esperti,   anche   esterni,   in   possesso   di    idonee
professionalita') verifica la compatibilita' del progetto rispetto al
fabbisogno  complessivo  e  alla  localizzazione  territoriale  della
struttura  da  realizzare  in  base  agli  elementi  di   valutazione
precisati in precedenza; 
      - l'A.S.L. trasmette alla Regione, Assessorato  Regionale  alla
Sanita'  -  Settore  Programmazione  Sanitaria  le  risultanze  delle
verifiche effettuate ed il relativo parere di compatibilita'; 
      -  la  Giunta  Regionale  per  il  tramite  di   una   apposita
commissione all'uopo nominata  valuta  il  parere  di  compatibilita'
espresso dall'A.S.L. e trasmette al Comune richiedente  e  all'A.S.L.
il parere definitivo; 
      - in caso di parere positivo il Comune rilascia la  concessione
o l'autorizzazione edilizia e l'autorizzazione alla  realizzazione  o
ampliamento della struttura, dandone notizia all'interessato. 
    Dalla disamina della disciplina di settore discende che non  puo'
dubitarsi circa l'imprescindibilita',  nell'ambito  del  procedimento
autorizzativo alla realizzazione ed ampliamento di  nuove  strutture,
della presupposta verifica di competenza dell'A.S.L. in  ordine  alla
sussistenza  dei   requisiti   tecnico   -   organizzativi   e   alla
compatibilita' del progetto in rapporto al fabbisogno  complessivo  e
alla localizzazione territoriale delle strutture presenti  in  ambito
regionale, quindi chiaramente preordinata  ad  attuare  una  funzione
programmatoria - distributiva, secondo criteri  di  contingentamento,
ispirati  ad  indici  di  fabbisogno  secondo  la   tipologia   delle
prestazioni da assicurare, nonche' al rapporto tra domanda ed offerta
avuto riguardo ad una determinata popolazione stanziale. 
    E' inoltre evidente  che,  solo  in  caso  di  parere  favorevole
dell'A.S.L.,  il  Comune  puo'  rilasciare  l'autorizzazione,  mentre
l'eventuale  parere  contrario  determina,  di  contro,   l'immediato
arresto procedimentale e, quindi, risulta impugnabile ex se. Nel caso
di specie,  peraltro,  il  parere  e'  stato  emesso  come  logica  e
vincolata conseguenza della delibera n. 1314/2020. 
    Ne  consegue,  pertanto,   l'ammissibilita'   sia   del   ricorso
introduttivo che di quello per motivi aggiunti. 
    5. Tanto premesso, puo' darsi ingresso  all'esame  delle  censure
articolate dalla ricorrente. 
    Con un  primo  motivo  di  ricorso,  la  societa'  ricorrente  ha
contestato il provvedimento del 14 ottobre 2020, con cui il Direttore
Generale dell'Asl Caserta,  nell'ambito  della  programmazione  delle
strutture residenziali (RSA e centri diurni per adulti e anziani  non
autosufficienti e disabili), ha ritenuto - in relazione al  Distretto
n. 17 di Aversa - la non autorizzabilita' di ulteriori posti rispetto
a quelli gia' autorizzati, ai  sensi  dell'art.  8,  comma  2,  legge
Regione Campania n. 8/2003. 
    Successivamente, l'Asl ha espresso conseguente parere negativo al
rilascio  dell'autorizzazione  sanitaria  richiesta  dalla   societa'
ricorrente. 
    Secondo quest'ultima la citata normativa, come chiarito anche dal
Commissario ad  acta  per  l'attuazione  del  Piano  di  rientro  dai
disavanzi del SSR Campano, con decreto del 31 ottobre 2019, n.  83  -
Piano Regionale  della  Rete  di  Assistenza  Sanitaria  Territoriale
2019-2021 - «... e' da intendersi  come  garanzia  che  possa  essere
attivato almeno un C.D. per distretto e  fino  alla  concorrenza  del
fabbisogno aziendale». 
    L'A.S.L., quindi, a parer della societa' ricorrente, avrebbe  mal
interpretato  il  predetto  dato  legislativo  che  non   limiterebbe
l'autorizzazione sanitaria nel distretto ad un solo centro. 
    Rileva il Collegio che la legge regionale n. 8 del 22 aprile 2003
(Realizzazione,   organizzazione,   funzionamento   delle   Residenze
Sanitarie Assistenziali Pubbliche e Private - RR.SS.AA.), all'art.  8
(Fabbisogno  e  dislocazione  territoriale  delle  RR.SS.AA.),  comma
secondo, cosi' dispone: «Il fabbisogno di centri diurni  per  anziani
e' pari ad almeno una struttura per ASL e non superiore  ad  una  per
ogni distretto sanitario di base. In ogni ASL deve esistere presso un
centro diurno per anziani almeno un centro diurno Alzheimer,  con  un
fabbisogno di posti semi-residenziali pari allo 0,5 per  cento  della
popolazione ultrasessantacinquenne». 
    La norma,  nel  precisare  che  il  fabbisogno  non  puo'  essere
superiore ad una struttura per  ogni  distretto  sanitario  di  base,
preclude l'apertura di  piu'  centri  nello  stesso  distretto  base,
imponendo, nello stesso tempo, che, comunque, almeno un centro  debba
essere, comunque, presente nel territorio dell'Asl. 
    La norma, dunque, distingue  due  territori:  quello  dell'A.S.L.
nella sua interezza e quello dei distretti di base. 
    Coerentemente con  la  citata  norma  l'Asl,  prima  in  sede  di
programmazione  e  poi  nell'esprimere  il  parere  sfavorevole,   ha
ritenuto esaurito il fabbisogno e non autorizzabili  altre  strutture
oltre quella gia' autorizzata. 
    La giurisprudenza amministrativa ha, peraltro,  gia'  evidenziato
che in sede di autorizzazione alla realizzazione di una struttura con
funzione di residenza protetta per anziani, a fronte di un fabbisogno
gia' stimato ampiamente saturo in sede di programmazione, il  diniego
di autorizzazione assume natura  del  tutto  vincolata,  non  dovendo
l'amministrazione  effettuare  alcuna   ulteriore   valutazione   del
fabbisogno (cfr., T.A.R. per l'Umbria, sez.  I,  9  maggio  2013,  n.
278). 
    Le conclusioni cui  giunge  l'Asl  sono  evidentemente  vincolate
perche' derivano  dal  tenore  letterale  della  norma  che  preclude
l'apertura di piu' di un centro per  distretto  base  e  una  diversa
interpretazione non e'  percorribile  alla  luce  del  chiaro  tenore
letterale della norma. 
    6. Ritiene il Collegio che tale  norma  ponga,  pero',  dubbi  di
compatibilita' con la  Costituzione  e  con  il  diritto  dell'Unione
europea. 
    6.1 Cio' posto, la questione di  costituzionalita'  concorre  con
una potenziale questione di incompatibilita'  eurounitaria  del  dato
normativo,  come  si  vedra'   nel   prosieguo   della   motivazione:
trattandosi di doppia pregiudizialita',  questo  giudice  ritiene  di
dare,   comunque,   precedenza    al    sindacato    accentrato    di
costituzionalita'  della  Corte  costituzionale.  L'eventuale  rinvio
della medesima questione alla Corte  di  giustizia  dell'UE  sarebbe,
infatti, inutile qualora la Corte costituzionale  dovesse  accogliere
la questione di costituzionalita' della norma censurata. 
    La Corte costituzionale ha,  infatti,  piu'  volte  chiarito  che
«Fermi restando i principi del primato  e  dell'effetto  diretto  del
diritto  dell'Unione  europea  come  sin  qui   consolidatisi   nella
giurisprudenza europea  e  costituzionale,  e  tenuto  conto  che  la
sopravvenienza delle garanzie  approntate  dalla  Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea a quelle previste dalla Costituzione
italiana puo' generare un concorso di rimedi giurisdizionali,  e  che
le violazioni dei diritti della persona postulano la necessita' di un
intervento erga omnes della Corte costituzionale, laddove  una  legge
sia oggetto di  dubbi  di  illegittimita'  tanto  in  riferimento  ai
diritti protetti dalla Costituzione italiana, quanto in  relazione  a
quelli garantiti dalla Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea in ambito di rilevanza comunitaria, deve essere sollevata  la
questione di legittimita' costituzionale, fatto salvo il  ricorso  al
rinvio  pregiudiziale  per  le  questioni  di  interpretazione  o  di
invalidita' del diritto dell'Unione, ai  sensi  dell'art.  267  TFUE»
(cfr., Corte costituzionale 14 dicembre 2017, n. 269). 
    6.2 In  relazione  alla  rilevanza  della  questione,  rileva  il
Collegio  l'impossibilita'  di  risolvere  la  presente  controversia
indipendentemente    dalla    risoluzione    della    questione    di
costituzionalita'. 
    Questo Collegio, infatti, in applicazione della  norma  regionale
dovrebbe respingere il ricorso, in quanto  l'Asl  ha  deliberato  una
programmazione dei posti ed espresso parere sfavorevole  al  rilascio
dell'autorizzazione sanitaria richiesta dalla ricorrente  sulla  base
della regola che non  puo'  essere  autorizzato  piu'  di  un  centro
sanitario per distretto.  Tale  norma,  dunque,  preclude  al  centro
ricorrente di ottenere la predetta  autorizzazione.  Questo  giudice,
dunque,  ritiene  che,  al  fine  della  decisione   della   presente
controversia,  sia   imprescindibile   l'applicazione   della   norma
incostituzionale, in quanto vi e' un concreto ed  effettivo  rapporto
di strumentalita' tra la risoluzione di legittimita' costituzionale e
la  definizione  del  giudizio  principale   (Corte   costituzionale,
ordinanza n. 282 del 1998). 
    L'eventuale sentenza di accoglimento della  Corte  costituzionale
spiegherebbe diretto effetto nel giudizio a  quo,  in  quanto  questo
giudice dovrebbe conseguentemente accogliere il ricorso e annullare i
provvedimenti impugnati che hanno fatto applicazione della  norma  in
questa sede censurata. 
    7. Cio' posto, la norma regionale pone un  limite  evidente  alla
possibilita'  per  un  operatore  economico  di  essere   autorizzato
all'apertura  di  una   RSA   (Residenza   Sanitaria   Assistenziale)
semiresidenziale  in  regime  ambulatoriale  diurno,  qualora   altra
struttura sia gia' stata autorizzata  nel  medesimo  distretto  base,
introducendo un limite,  astratto  e  generale,  non  previsto  dalla
legislazione nazionale. 
    In via preliminare, va ricordato che la Corte  costituzionale  ha
chiarito  che  il  sistema  sanitario,  come  riformato  dal  decreto
legislativo n. 502 del 1992 e poi significativamente  rimodulato  con
il decreto  legislativo  n.  229  del  1999,  configura  il  rapporto
pubblico-privato   dell'offerta   sanitaria   secondo   un    sistema
progressivo, in base  al  quale  i  soggetti  che  intendono  erogare
prestazioni sanitarie devono essere autorizzati e solo se autorizzati
possono  chiedere  l'accreditamento  istituzionale,  che   li   rende
potenziali erogatori di prestazioni sanitarie per conto del  Servizio
sanitario  nazionale.  Cio'  si  realizza  solo   a   seguito   della
conclusione di contratti con l'amministrazione e nei limiti di  spesa
ivi previsti. 
    L'autorizzazione,  disciplinata  dall'art.  8-ter   del   decreto
legislativo n. 502 del 1992, si articola sul duplice  versante  della
realizzazione  della  struttura   e   dell'esercizio   dell'attivita'
sanitaria. Essa e' subordinata alla verifica, da parte della  Regione
interessata, della realizzabilita' della struttura in relazione  alla
localizzazione territoriale, tenuto conto del fabbisogno  complessivo
di assistenza  che  considera  anche  le  prestazioni  extra  livelli
essenziali di assistenza (sentenza n. 7 del 2021), e al possesso  dei
requisiti minimi di tipo strutturale, tecnologico e organizzativo. 
    La Corte e',  inoltre,  costante  nel  ricondurre  la  competenza
regionale in materia di autorizzazione e vigilanza sulle  istituzioni
sanitarie nella piu' generale  potesta'  legislativa  concorrente  in
materia di tutela della salute. Le Regioni sono vincolate al rispetto
dei principi fondamentali stabiliti dalle  leggi  statali,  dovendosi
peraltro distinguere, «dopo il riordino del  sistema  sanitario,  gli
aspetti che attengono all'"autorizzazione" prevista  per  l'esercizio
di  tutte  le  attivita'  sanitarie,   da   quelli   che   riguardano
l'"accreditamento" delle strutture autorizzate» (sentenza n. 292  del
2012, punto  4  del  Considerato  in  diritto;  nello  stesso  senso,
sentenze n. 106 del 2020 e n. 7 del 2021). 
    In   particolare,   con   riferimento   all'autorizzazione,    le
disposizioni contenute negli articoli 8, comma 4, e 8-ter,  comma  4,
del decreto legislativo n. 502 del 1992, che  prevedono  i  requisiti
minimi di sicurezza  e  qualita'  per  poter  effettuare  prestazioni
sanitarie, rappresentano principi fondamentali della materia  che  le
Regioni sono tenute ad osservare «indipendentemente dal fatto che  la
struttura intenda o meno chiedere l'accreditamento» (sentenza n.  292
del 2012, che richiama le sentenze n. 245 e n. 150 del 2010). 
    8. La Sezione rileva dubbi di compatibilita' costituzionale della
norma regionale in relazione a diversi parametri costituzionali. 
    In prima battuta la norma regionale pone dubbi di  compatibilita'
con l'art. 41 della Costituzione, in  quanto  penalizza  l'iniziativa
economica  non  consentendo,  anche  per  periodi  illimitati,   agli
operatori economici interessati  di  essere  autorizzati  a  svolgere
attivita'  di  assistenza  sanitaria  per  anziani   o   adulti   non
autosufficienti, qualora altra struttura  operante  nel  settore  sia
gia' stata autorizzata per il  medesimo  comparto  all'interno  dello
stesso distretto base dell'Asl. Di  converso  realizza  posizioni  di
concentramento di potere e di indubbio e irragionevole privilegio  in
capo  alle  strutture  gia'  presenti  che,  una  volta  autorizzate,
automaticamente  esauriscono  il  fabbisogno,  impedendo   ad   altre
strutture di subentrare. 
    Nel  caso  di  specie,  peraltro,  il  meccanismo  previsto   dal
legislatore  preclude  del  tutto  l'ingresso  di   altre   strutture
sanitarie oltre a quella gia' autorizzata, cosi' violando, oltre alla
liberta' di iniziativa economica, anche le regole della  concorrenza,
che potrebbero, specie in  questo  settore,  spingere  gli  operatori
sanitari verso il perseguimento di livelli piu' elevati  di  qualita'
della prestazione. 
    9. Sotto quest'ultimo profilo, peraltro, la norma pone  dubbi  di
costituzionalita' anche con l'art. 32 della Costituzione,  in  quanto
potrebbe non garantire livelli adeguati di prestazione e incidere sul
diritto alla salute, specie di soggetti deboli come gli anziani o gli
adulti non autosufficienti. 
    10. Dubbi di compatibilita' si pongono anche con l'art.  3  della
Costituzione e con il principio di proporzionalita'. 
    La norma regionale, nell'imporre,  una  volta  e  per  tutte,  di
aprire una sola struttura per distretto base,  adotta  una  soluzione
unica che potrebbe  non  essere  adatta  in  relazione  alle  diverse
caratteristiche dei singoli distretti base, in quanto ogni  distretto
ha caratteristiche diverse ed esigenze da soddisfare  differenti.  Se
e' possibile che una sola struttura possa soddisfare le  esigenze  di
un piccolo distretto non e' detto, o forse andrebbe escluso, che cio'
possa accadere per distretti piu' grandi, almeno dal punto  di  vista
della localizzazione territoriale. 
    Nonostante il legislatore abbia nel corso del tempo  dettato  dei
criteri per delimitare il «Distretto» non si  puo'  dubitare  che  vi
siano spesso notevoli e rilevanti differenze  tra  i  vari  distretti
della Regione Campania. 
    In Italia, la prima  definizione  del  «Distretto»  e'  contenuta
nell'art. 10 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, il  quale  prevede
che «i Comuni singoli o  associati  articolano  le  Unita'  sanitarie
locali   in   Distretti   sanitari   di   base,    quali    strutture
tecnico-funzionali per l'erogazione dei servizi di  primo  livello  e
pronto  intervento»,  demandando  alle  Regioni  la  definizione  dei
criteri per la loro costituzione. 
    Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502,  successivamente
modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517,  all'art.
3, comma 5, stabilisce  che  «spetta  alla  Regione  disciplinare  le
modalita'  organizzative  e  di  funzionamento  delle  Aziende   USL,
definendo, tra l'altro, l'articolazione delle USL in Distretti».  Con
la definizione del Distretto e' possibile portare i servizi  il  piu'
possibile vicino ai luoghi di vita delle persone e  cercare  di  dare
risposta ad un bisogno di integrazione sociosanitaria. 
    L'art. 3-quater del decreto legislativo n. 229/1999  dispone  che
«il distretto e' individuato, sulla base dei criteri di cui  all'art.
2, comma 2-sexies, lettera c), dall'atto aziendale di cui all'art. 3,
comma 1-bis, garantendo una popolazione minima di almeno sessantamila
abitanti,   salvo   che   la   regione,   in   considerazione   delle
caratteristiche geomorfologiche del territorio o della bassa densita'
della popolazione residente, disponga diversamente». L'art. 2,  comma
2-sexies, lett. c) dispone che spetta alla  Regione  «la  definizione
dei criteri per l'articolazione  delle  unita'  sanitarie  locali  in
distretti, da parte dell'atto di cui all'art. 3, comma 1-bis, tenendo
conto delle peculiarita' delle zone montane e  a  bassa  densita'  di
popolazione». 
    Le Linee  guida  adottate  dalla  Regione  Campania  «Principi  e
criteri di organizzazione  delle  aziende  sanitarie  regionali»,  al
Titolo  IV  «Linee  di   indirizzo   per   l'organizzazione   ed   il
funzionamento  del  distretto»,  stabiliscono   che   il   «Distretto
sanitario e' contiguo alla domanda e  va  considerato  quale  momento
chiave dell'organizzazione sanitaria per il governo  della  salute  e
per il controllo dell'efficacia delle prestazioni e della spesa». 
    La legge regionale n. 16 del 2008, all'art. 3  prevede  «(...)16.
Ciascun distretto deve, di norma, coincidere con ogni  ambito  avente
una popolazione non inferiore a 50.000 abitanti  e  non  superiore  a
120.000 abitanti. Nella  definizione  degli  ambiti  distrettuali  va
tenuto conto delle aree montuose, delle isole e dei territori a bassa
densita' abitativa (...)» 
    Dall'allegato A alla delibera di Giunta Regionale n.  40  del  14
febbraio 2011 (Modifica  degli  Ambiti  Territoriali  sociali  e  dei
Distretti Sanitari) emerge, ad esempio, che  esistono  distretti  che
coprono  una  popolazione  superiore  a  120000  abitanti,  come   il
Distretto 52, che copre ben sette comuni, o il distretto  n.  49  che
copre l'area di quattordici comuni, e distretti come quello n. 55 che
coprono una popolazione di soli 56000 abitanti per soli due comuni. 
    La eterogeneita' dei vari  distretti,  quanto  a  popolazione,  a
caratteristiche geografiche e ad esigenze  da  soddisfare,  rende  la
scelta del legislatore regionale, di limitare un solo centro RSA  per
un distretto, come discriminatoria, non potendo essere  adottata  una
soluzione unica in relazione a esigenze tanto diverse. 
    La legge regionale, inoltre, pone dubbi di  compatibilita'  anche
con il principio di  proporzionalita',  in  quanto  ha  adottato  una
soluzione  eccessivamente  limitativa  senza,  tuttavia,   perseguire
adeguatamente gli obiettivi di  adeguata  copertura  sanitaria  e  di
soddisfazione delle esigenze dei cittadini. 
    Ad ogni modo pare irragionevole e sproporzionata  una  norma  che
ancora la soddisfazione del fabbisogno,  legandolo  alla  logica  una
struttura/un distretto base,  senza  che  si  possano  verificare  in
concreto  le  reali  esigenze  della  popolazione  ed   eventualmente
consentire a piu' strutture di farvi fronte. 
    Del resto, il legislatore nazionale, con il  decreto  legislativo
30 dicembre 1992,  n.  502  (Riordino  della  disciplina  in  materia
sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23  ottobre  1992,  n.
421) ha previsto, all'art. 8 ter, comma 3, che «Per la  realizzazione
di  strutture  sanitarie  e  socio-sanitarie  il  Comune  acquisisce,
nell'esercizio delle proprie competenze in materia di  autorizzazioni
e concessioni di cui all'art. 4 del decreto-legge 5 ottobre 1993,  n.
398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre  1993,  n.
493 e successive modificazioni, la  verifica  di  compatibilita'  del
progetto da parte della  regione.  Tale  verifica  e'  effettuata  in
rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale
delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio
garantire l'accessibilita'  ai  servizi  e  valorizzare  le  aree  di
insediamento prioritario di nuove strutture. 
    La  verifica,  sia  in   relazione   al   fabbisogno   che   alla
localizzazione territoriale e', dunque, effettuata in concreto e  mai
in astratto o in via presuntiva. 
    La Corte costituzionale ha, peraltro, piu' volte evidenziato  che
i limiti alla iniziativa economica privata sono consentiti  solo  ove
non incongrui o irragionevoli (cfr., sentenza n. 428 del 2008). 
    In relazione alla necessita' che il fabbisogno vada accertato  in
concreto e sia quanto piu' vicino  alle  esigenze  della  popolazione
locale, la costante giurisprudenza amministrativa ha affermato  (cfr.
ex multis, Cons. Stato, sez. III, 7 marzo 2019, n.  1589),  che,  per
ragioni  attinenti  non  solo  alla  tutela   della   salute,   quale
irrinunciabile  interesse  della   collettivita'   (art.   32   della
Costituzione),   ma   anche   alla    tutela    della    concorrenza,
l'autorizzazione per la realizzazione  delle  strutture  sanitarie  e
sociosanitarie, ai  sensi  dell'art.  8-ter,  comma  3,  del  decreto
legislativo n. 502 del 1992, deve  necessariamente  restare  inserita
nell'ambito della programmazione regionale, in quanto la verifica  di
compatibilita', effettuata dalla  Regione,  ha  proprio  il  fine  di
accertare l'armonico inserimento della struttura in  un  contesto  di
offerta  sanitaria  rispondente  al  fabbisogno  complessivo  e  alla
localizzazione  territoriale  delle  strutture  presenti  in   ambito
regionale, anche al fine  di  garantire  meglio  l'accessibilita'  ai
servizi e di valorizzare le aree di  insediamento  prioritario  delle
nuove strutture. 
    La disciplina nazionale e quella, conforme,  adottata  a  livello
regionale non contrastano in se' con il diritto eurounitario perche',
come ha chiarito la  Corte  di  Giustizia,  «una  programmazione  che
richieda una  previa  autorizzazione  per  l'installazione  di  nuovi
prestatori di cure puo' rendersi indispensabile per colmare eventuali
lacune  nell'accesso  alle  cure  ambulatoriali  e  per  evitare  una
duplicazione nell'apertura delle strutture, in modo che sia garantita
un'assistenza medica che si adatti alle necessita' della popolazione,
ricomprenda  tutto  il  territorio  e  tenga  conto   delle   regioni
geograficamente isolate o altrimenti svantaggiate» e,  pertanto,  «e'
legittimo che uno Stato membro  organizzi  i  servizi  di  assistenza
medica in modo da dare priorita' ad  un  sistema  di  prestazioni  in
natura  affinche'  ogni  paziente  acceda   facilmente,   sull'intero
territorio nazionale, ai servizi dei medici convenzionati» (§§  52-53
della sentenza della Corte di Giustizia,  Grande  Sezione,  10  marzo
2009, in C-169/07). 
    Cionondimeno, e sempre sulla scorta delle indicazioni provenienti
dal giudice europeo, il Consiglio di Stato ha ribadito che un  regime
di previa autorizzazione  amministrativa,  perche'  sia  giustificato
anche quando deroghi  ad  una  liberta'  fondamentali  garantite  dai
Trattati e dal diritto dell'Unione, deve essere fondato  «su  criteri
oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, che garantiscono la
sua idoneita' a circoscrivere sufficientemente l'esercizio del potere
discrezionale delle autorita' nazionali» (§ 64 della  sentenza  della
Corte di Giustizia, Grande Camera, 10 marzo 2009, C-169/07). 
    Anche la valutazione del fabbisogno, alla quale  la  legislazione
nazionale vincola il rilascio dell'autorizzazione,  non  puo'  essere
pertanto illimitata ne'  schiudere  la  strada  ad  ingiustificate  e
sproporzionate restrizioni dell'iniziativa economica,  senza  trovare
un ragionevole e proporzionato  contro-bilanciamento  nella  cura  in
concreto,  da  parte  della   pubblica   amministrazione   decidente,
dell'interesse pubblico demandatole, mediante  un  adeguato  apparato
motivazionale a supporto  del  provvedimento,  e  nella  presupposta,
oggettiva,  valutazione  dell'interesse  pubblico  finalizzato   alla
tutela del diritto alla salute. 
    E' richiesta quindi una valutazione del  fabbisogno  accurata  ed
attualizzata, che sia preceduta e  sorretta  una  idonea  istruttoria
sull'esistenza di una determinata domanda sanitaria sul territorio  e
di una correlativa offerta da parte delle  strutture  private,  senza
che cio' si traduca di  fatto  in  un  illegittimo  blocco,  a  tempo
indeterminato, all'accesso del nuovo operatore sul mercato,  con  una
indebita limitazione della sua liberta' economica, che non  solo  non
risponde ai criteri ispiratori  dell'art.  8-ter,  comma  3,  decreto
legislativo n. 502 del 1992, ma e' contrario ai principi del  diritto
eurounitario affermati dalla Corte di Giustizia in  riferimento  alla
pur ampia discrezionalita' del legislatore in materia sanitaria. 
    Piu' volte la giurisprudenza amministrativa ha evidenziato che la
valutazione dell'amministrazione in relazione alla saturazione o meno
del fabbisogno non puo' mai sostanziarsi in uno  strumento  meramente
ablatorio delle prerogative dei soggetti che  intendano  offrire,  in
regime privatistico, mezzi e strumenti di  diagnosi,  di  cura  e  di
assistenza  sul  territorio,  rischiando  altrimenti  di   introdurre
posizioni dominanti in favore  di  chi  opera  gia'  nel  settore,  a
detrimento di chi invece intende  entrarvi  (cfr.,  il  principio  e'
distillato a partire da Cons. Stato 29 gennaio 2013, n. 550). 
    Del  resto,  la  necessita'  di  prevedere  la  valutazione   del
fabbisogno anche per  le  strutture  non  accreditate  e'  quella  di
garantire  la  corretta  distribuzione  dei   centri   sanitari   sul
territorio in modo da servire adeguatamente anche  le  zone  a  bassa
redditivita'. 
    11. La norma regionale si pone, quindi, in contrasto con la norma
nazionale, perche' introduce un limite all'accesso di nuove strutture
sanitarie non previsto dal legislatore e, di conseguenza, pare  porsi
in contrasto anche con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    Sul punto la Corte costituzionale e' costante  (sentenza  n.  195
del 2021) nel  ricondurre  la  competenza  regionale  in  materia  di
autorizzazione e vigilanza sulle  istituzioni  sanitarie  nella  piu'
generale potesta' legislativa concorrente in materia di tutela  della
salute.  Le  Regioni  sono  vincolate  al   rispetto   dei   principi
fondamentali  stabiliti  dalle  leggi  statali,  dovendosi   peraltro
distinguere, «dopo il riordino del sistema sanitario, gli aspetti che
attengono all'"autorizzazione" prevista per l'esercizio di  tutte  le
attivita' sanitarie,  da  quelli  che  riguardano  l'"accreditamento"
delle strutture autorizzate» (sentenza n. 292 del 2012, punto  4  del
Considerato in diritto; nello stesso senso, sentenze n. 106 del  2020
e n. 7 del 2021). 
    In   particolare,   con   riferimento   all'autorizzazione,    le
disposizioni contenute negli artt. 8, comma 4, e 8-ter, comma 4,  del
decreto legislativo n. 502 del 1992, che prevedono i requisiti minimi
di sicurezza e qualita' per poter effettuare  prestazioni  sanitarie,
rappresentano principi fondamentali della materia che le Regioni sono
tenute ad osservare «indipendentemente dal  fatto  che  la  struttura
intenda o meno chiedere l'accreditamento» (sentenza n. 292 del  2012,
che richiama le sentenze n. 245 e n. 150 del 2010). 
    L'art. 8, comma 2, della legge della Regione Campania n.  8/2003,
nel  prevedere  l'autorizzabilita'  di   una   sola   struttura   per
distretto-base introduce  un  limite  ulteriore  non  previsto  dalla
legislazione nazionali, ponendo dubbi di costituzionalita' con l'art.
117, comma 3 della Costituzione. 
    Per le ragioni appena esposte  la  Sezione  ritiene,  quindi,  di
sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma
2, legge Regione Campania n. 8/2003 per violazione degli articoli  3,
32, 41 e 117, comma 3, della Costituzione.